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L’invenzione che ha sicuramente rivoluzionato la vita quotidiana ed il modo di interfacciarsi ai diversi aspetti di essa è sicuramente lo smartphone. Apple e Android sono i capostipiti dei sistemi operativi mobili e si spartiscono la quasi totalità del mercato (i neonati Ubuntu Mobile OS, Firefox OS entrano in competizione diretta con gli affermati Windows phone OS, Blackberry OS e Sailfish OS).
A differenza di iOs (il sistema operativo mobile di casa Apple), Android ha l’enorme vantaggio di essere basato sul kernel Linux e di essere totalmente open source. Qualunque software o sistema operativo che venga rilasciato con tale definizione e relativa licenza, viene accompagnato dal rilascio del codice sorgente, che è totalmente modificabile, migliorabile e riscrivibile, a discrezione di chiunque.
Avendo a disposizione un software libero sul quale lavorare, chiunque può creare la propria interpretazione di sistema operativo, basandolo su una macchina o su un’altra ed è stata questa la chiave vincente che ha permesso ad Android di dilagarsi.
Essendo basato su kernel Linux, Android ne trae tutti i relativi vantaggi, uno tra tutti è quello di gestire il sistema come utente root o, più idoneamente, admin. Questo significa che l’utente ha pieno e totale controllo su qualsiasi aspetto del sistema operativo, a differenza dei sistemi operativi chiusi, dove il controllo è solo apparente.
Rootare il telefono significa ottenere tutti i privilegi di amministratore e su Android questo equivale ad agire su molti fattori, quali la “sbrandizzazione” (ossia la rimozione delle app del gestore telefonico dal sistema operativo), la modifica o la totale sostituzione del kernel e quindi la possibilità di regolare alcuni parametri come l’overclock (l’aumento della frequenza con la quale gira il processore), l’underclock (l’opposto dell’overclock, utile per risparmiare batteria), l’undervolt di cpu e gpu (risparmiando ancora batteria). Vi rimandiamo anche alla pagina su Wikipedia (purtroppo in inglese) per maggiori chiarimenti.
Inoltre ci sono diverse applicazioni che intervengono come utenti root per implementare funzioni altrimenti impossibili da modificare, come quelle per il cambio di DNS (tramite l’app gratuita SetDNS) quando si usa internet per velocizzare la navigazione nei siti, oppure per il backup di app e dati tramite l’applicazione Titanium Backup che pero’ necessita di un telefono già rootato.
Con il rooting, si installa una recovery modificata, ossia un programma al di fuori di Android stesso, che gestisce alcune opzioni (e dalla quale è possibile installare nuove ROM), come l’hard reset, ossia una procedura di pulizia completa dello smartphone fino allo stato in cui è uscito dalla fabbrica, la formattazione di varie cartelle di sistema, altrimenti intoccabili, la possibilità di effettuare un nandroid backup (ossia un backup totale della ROM al suo stato attuale) e una delle ultime features implementate, la possibilità di utilizzare un dual boot, ossia l’installazione di due ROM parallele indipendenti tra loro sullo stesso device.
Insomma, il rooting di Android è la chiave per avere un dispositivo totalmente sotto il proprio comando, con possibilità di gestirlo tramite interfaccia grafica o tramite la riga di comando di un terminale (gli utenti di Linux su pc sapranno sicuramente di cosa si parla) installando Android Terminal Emulator, ovviamente gratuito, proprio come su una macchina che monta un sistema, ad esempio, Ubuntu-based.
Ogni casa produttrice ha la propria gamma smartphone, con launcher personalizzato e recovery personalizzata, e solitamente le custom ROM che vengono proposte, sono basate sulle ROM stock (fatta eccezione per le ROM costruite dai team come Cyanogenmod). Questo significa che ogni casa ha una diversa procedura di rooting.
In linea di massima, per effettuare il root, è necessario l’utilizzo di un pc e di un utility che se usato in maniera scorretta, può provocare danni al telefono. È assolutamente necessario leggere attentamente le guide prima di effettuare qualsiasi operazione, in quanto un errore può portare al brick dello smartphone (brickare: renderlo inutilizzabile). Nonostante questo non bisogna lasciarsi scoraggiare dall’eventuale difficoltà dei termini, e se si hanno difficoltà è sempre opportuno chiedere delucidazioni nei vari forum preposti a questo scopo.
Vediamo ora di analizzarne una per volta in modo da avere un quadro complessivo chiaro.
Sicuramente uno dei migliori e più usati è senza ombra di dubbio Z4Root, di cui trovate un nostro esauriente articolo, che permette in un click di avere gli accessi da amministratore di molti telefoni. Ma se non riuscite con quello vi consigliamo di provare Bin4ry, creato e sviluppato da un utente del forum di xda-developer (la nota community di sviluppatori di app e hack per smartphone). Questo software garantisce compatibilità con molti smartphone tra cui:
– LG: P705, LGP7510
– HTC: One S, Sensation XL [ICS 4.03], Desire S
– Samsung Galaxy S2
– Ainol: Novo 7 Tornado 7
– Prestigio: MultiPad PMP5197D 9.7 ULTRA
– Sony Xperia: S, T, P , Acro S, Ion , Tipo , Tablet S, Go, Sola, U, Z, ZL
Il leader di settore è la casa Samsung, con i suoi top gamma potenti, all’avanguardia e sempre tra i più ricercati, senza far mancare al mercato anche linee intermedie di smartphone. Questi montano ROM stock personalizzate da Samsung, con l’adozione del launcher Touchwiz e di una recovery propria.
Il rooting sui device Samsung è un’operazione abbastanza semplice, viene effettuata con un tool per pc Windows chiamato Odin. L’aspetto grafico di Odin è molto semplice, consta in una finestra con alcune opzioni da spuntare e degli strumenti di selezione files, tuttavia non bisogna sottovalutarlo. Difatti, se usato scorrettamente e senza cura dei dettagli, può portare (come detto in precedenza) al brick del telefono. Si raccomanda di chiudere ogni processo relativo a Kies quando si adopera Odin. Analizziamo, dunque, come rootare gli smartphone di casa Samsung.
Innanzitutto partiamo dall’analisi dei top di gamma con il Samsung Galaxy S III. Tale device viene identificato come Samsung GT-i9300, per cui le uniche guide da seguire sono quelle relative al suo codice di appartenenza.
In questa guida redatta dagli utenti di Androidiani.com, viene spiegato per bene come effettuare il rooting in assoluta sicurezza, evitando di brickare il telefono.
La prima procedura illustra come ottenere i permessi di root senza sostituire il kernel, ma semplicemente aggiungendo l’applicazione che gestisce i permessi (SuperSu), l’app che virtualizza la recovery dentro la ROM ed una recovery nuova al posto di quella stock.
Il secondo metodo illustrato differisce dal primo per il fatto che la recovery rimane quella stock e vengono acquisiti solo i permessi di root.
Altro device di fascia alta molto diffuso è il Samsung Galaxy Note 2, nome in codice Samsung GT-N7100. Il Note è divenuto famoso per essere stato il primo phablet, ossia un tablet dalle dimensioni leggermente più ridotte, con le funzioni anche del telefono.
Il relativo rooting presuppone anch’esso l’utilizzo del tool Odin, quindi è necessario prestare la massima cautela e seguire la relativa guida.
Il Samsung Galaxy S II, nome in codice Samsung GT-i9100, è stato eletto miglior smartphone dell’anno 2011 e tutt’ora è ancora ritenuto un telefono estremamente performante.
Il rooting dell’ S II si ottiene mediante il flash della recovery modificata clockwork recovery, tramite il solito tool Odin. La guida che vi suggeriamo esplica perfettamente le procedure da utilizzare.
Altro dispositivo ancora molto in voga nonostante sia uscito ad inizio del 2012 è il Samsung Galaxy S-plus, nome in codice Samsung GT-i9001, successore, almeno nella linea, del Samsung Galaxy S, primo vero top gamma della casa coreana.
La guida prevede il flashing di una recovery modificata, la Feamod recovery, flashabile col solito Odin, in questa pagina trovate la procedura, oppure se volete evitando l’utilizzo di esso in quest’altra guida.
Una volta esaminati gli smartphone di casa Samsung, passiamo a parlare della casa di Taiwan HTC, famosa per i suoi device dal rapporto qualità/prezzo molto alto. La procedura di rooting degli HTC non si basa su Odin come per il Samsung, bensì su tool dedicati e per mezzo del prompt dei comandi di Windows. Vediamo alcuni esempi.
Senza dubbi, uno dei migliori smartphone della casa è l’HTC One X, diretto concorrente del Samsung Galaxy S III, con il suo processore quad core. Il suo rooting è basato sulla registrazione al sito htcdev e sull’uso del prompt dei comandi di Windows. Seguendo la guida alla lettera è possibile rootare tranquillamente il device.
È anche possibile seguire anche una semplice procedura video per chi mastica un po’ di inglese.
Altro device, concorrente del Samsung Galaxy S II è l’HTC One S, che monta un dual core da 1.5ghz, molto veloce e stabile. Il rooting di questo dispositivo si basa sullo stesso principio del precedente, ma ovviamente con alcune differenze. Attenzione, mai scambiare le procedure di rooting, si rischia di brickare definitivamente il device. La guida risulta, comunque, molto chiara e semplice.
HTC Sensation è un altro smartphone di fascia media, versatile, potente e stabile, tutt’ora usabile con ottime prestazioni. Il suo sblocco e relativo rooting è, come detto prima, affidato nei tool da prompt di comando, come appare chiaro in questa guida.
Anche Google si è fatto avanti nella produzione di smartphone propri, appoggiandosi a varie case (tra le maggiori, Samsung ed LG), con il suo Galaxy Nexus (ecco la guida) e Nexus 4 (con relativa guida).
Il nostro gentile utente Mido ha testato con successo un sistema per fare il root dello smartphone di casa Stonex, cosi’ anche l’STX ha il suo bel rooting semplice e immediato tramite il tool Bin4ry (utile a rottare molti smartphone) . La guida invece la trovate in questa pagina.
Altri dispositivi per il quale è possibile ottenere il root seguendo le apposite guide sono, per quanto riguarda Motorola:
– Motorola Razr
– Motorola Milestone
– Motorola Atrix
Per quanto riguarda LG, ecco le guide relative a:
– LG Optimus L5
– LG Optimus 3D
– LG Optimus Dual
Infine presentiamo le guide per quanto riguarda i terminali di Sony:
– Sony Xperia Sole
– Sony Xperia S
– Sony Xperia U
Questi sono i device più diffusi e con la più grande community di sviluppatori alle spalle. Il consiglio per l’acquisto, se si intenderà rootare il proprio smartphone, è quello di rifarsi a device ampiamente usati ed evitare di affidarsi a marchi di nicchia. Il tutto perché un marchio di nicchia difficilmente ha una community a supporto pronta per l’aiuto e solitamente non ha esperti informatici che cercano di migliorare l’esperienza d’uso.
Vi ricordiamo che questo articolo verrà continamente aggiornato e vi rimandiamo ai commenti per eventuali altre segnalazioni, o per chiedere aiuti e chiarimenti.